mercoledì 28 dicembre 2011

Il giardino



Godi il mio corpo
calpestalo, rotolalo
anche se l’erba non è più fresca e rigogliosa
come piccolo e prezioso era il prato smeraldo
su cui facevi l’amore


Piovimi addosso
conosco le nuvole nere che mi attraversano
il vero freddo è dentro
è la nostalgia di sentire le tue gocce
scivolar su un appassito cuore


Recidi i boccioli delle rose appena nate
sentimenti affacciati all’incanto che non sanno
ma prima guardali e sorridi loro
e soffia via i petali
che volino lontano


Distenditi e leggimi le pagine del tuo più bel libro
lacrime di rugiada ingigantiscono le parole
non so più leggere
e cerco la tua voce
E’ notte e alba sceglierai altri orizzonti per i tuoi baci
ma le tue labbra sono piene di sole
e il giardino per vivere
ne ha bisogno un po’


martedì 27 dicembre 2011

Stazione


Ci sono treni che non andrebbero persi

Non perché non ne passeranno mai più

Magari non gli stessi, magari analoghi, forse più veloci, probabilmente più lenti

Che poi

È facile non prendere un treno

Un imprevisto, un ritardo, anche una scelta, la voglia di un pensiero, l’attesa di un bacio, 

o la paura,di salire su un vagone in corsa.

Ci sono treni che non andrebbero persi

Per il silenzio che ti lasciano una volta passati

Quello di una stazione deserta

Sono saliti tutti


Un fazzoletto piegato ed una carta di caramella danzano in cerchio

in fondo alla banchina

L’orologio liberty racconta un tempo immobile

Senza orari, partenze, arrivi

Il sospetto di avere sbagliato stazione

Forse

Eppure

Nell’aria, misto alla polvere e alla ruggine

odore di salsedine, di caldo, rosmarino, resina...

dall’altra parte,  c’è il mare ed il suo infinito


Dove sei?

l’attesa di un pensiero, il desiderio di un bacio…

Sono saliti tutti, tranne me

Non so più cosa è giusto

o era giusto

fare

non lo so più davvero

né dove poter stare

a mio agio


( 20/05/2011 )

 



domenica 25 dicembre 2011

Scrivere

Amo l'odore della pelle che si piega, 

dell'incavo tra i gomiti, tra mano ed avambraccio, 

del braccio prima che giunga a piegarsi, da dove parte sopra l'ascella. 

I peli si vanno diradando tra bivi, vene, verbi, arterie, fino alle estremità dei piedi 

e delle mani dove la pelle si confonde alle parole di questa pagina, 

quaderno tra dita.

Si mischia al mio profumo di fogli a sventolare, 

nel curiosare e sognare d'ogni giorno tra parole frasi odori

e passioni. Cercare un segno. Sarà che mi manchi. Sarà che non lo sai. 

Sarà che è nei passi di ogni giorno 

la parola che sempre manca al mio sostare sulle carte 


mercoledì 21 dicembre 2011

Di mosche e volteggi


Megghy ha nello sguardo mondi che percepisco più belli e più intensi di quello mio, che affannosamente e scioccamente difendo, tanto è piccolo.
Mondi che trasforma e dipinge di azzurro. Il mare.
Nella mia immaginazione il referendum sull'acqua diventa una crociata alla difesa di quegli occhi magnifici.
Da tutelare, per il loro incantesimo, per quello che racchiudono.
Incastonati in un visino fiero e cipiglio, che rifiuta il dialogo.
"Me la canti la canzone?"  Il gesto della testolina è esplicito - no no
"Le vuoi le patatine?" idem come sopra
Cosi piccola, ancora, nel suo regno con le ruote ed il ciuccio, eppure sempre più consapevole. 
Crescendo, la realtà esterna si fa sempre più limitata, e meno interessante, è tangibile.
Forse è questa triste evidenza che spinge e inventa gli stimoli per fare qualcosa di grande nella vita, 
l'ambizione, 
passaggio che ho trascurato, rimasto indietro abbracciato ai sogni del me bimbo, probabilmente incredulo di tale contraddizione. No, è proprio cosi, purtroppo. 
Delle mosche mi si posano addosso mentre sorseggio vino bianco.
Come si permettono?
Ma se un giorno su due ti senti una merda, cosa pretendi adesso? Stai sereno....
E' una provocazione la mia del resto, le osservo meglio queste mosche, piccole e gioiose,che volano imitando gli acrobatici equilibrismi delle montagne russe pulendosi con costanza le zampine.
Leggere ed innocue.
Un movimento brusco e la mosca si alza in volo.
Megghy ha paura delle mosche, e si ritira indietro con le braccine sfoggiando uno sguardo di sgomento e paura.
Aaaaaaaa
Beh, rispetto a prima, è tornata a interagire con noi, un passo avanti.
La Mosca è il titolo di un film horror di più di 20 anni fa, che però ricordo bene. The Fly. Il nome inglese rende molto più merito a questo simpatico e delicato insetto. Il film era decisamente splatter.
Era il remake di una pellicola degli anni '50, l'esperimento del Dottor K, che pure ho visto. Molto, molto più bello l'originale. 
Che sia dei nostri tempi il costante ed inesorabile passaggio da una forma di emozione che lascia ampio spazio al pensiero ed alla riflessione, ad un'altra che si accontenta di impatti visivi e di stomaco, mettendo in stand-by il cervello?
Fattostà che la mosca seppur ingiustamente è dalla parte dei cattivi, e la paura di Megghy ha una legittimazione nella tradizione.
Ma c'è della curiosità nella paura di Megghy, che non voglio sprecare.
E allora inizio a giocare con la mosca.
La chiamo Tobia, per evitare gaffes nel caso poi la bimba associasse l'insetto al nome di qualche amico o parente.
"Guarda la mosca!" e punto il dito. Mocca!!!
"E ora la mosca vola e fa il girotondo!" Mocca, vola, tondo!
Continua a ritrarsi, la piccola, ma ora se la ride :)
Incredibile, la mosca sta al gioco, e volteggia tutta pavoneggiante.
Ne arriva un'altra. Si uniscono in volo. Mi verrebbe da pensare che stanno trombando. 
Sta a vedere che inizio a invidiare la mosca, libera nel volo, oggetto di assoluta attenzione, e protagonista di una soddisfacente vita sessuale. 
Ad un certo punto si posa sul dito, che sposto ad altezza viso da guardarla in faccia. Sta li, mi strizza l'occhio, Tobia. Megghy è affascinata e osserva attendendo il colpo di teatro. E soffia. ffffffffffffffffff
Soffio anche io. Solo dopo un po' riprende il volo.
Nel frattempo Megghy ha preso a mangiare le patatine. Me le ha finite, aggiungo....
Quando Megghy decide, tornano tutti a casa in città. Lo faccio anche io, da par mio, che però abito qui vicino.


Non ho bisogno della macchina. Apro le alette, e ronzo via


( 11 giugno 2011 )

lunedì 19 dicembre 2011

Nuvole

In un tramonto
non c'è nulla
da migliorare
salvo un ingresso
di nuvole
(Lorenzo Mullon, cosa si vede lassù)


domenica 18 dicembre 2011

Salamandre e Robot

Abitavo in un piano alto di un condominio della periferia di Milano. E la casa era rivolta verso l'esterno, verso la periferia. Dava le spalle alla città. Tanto che di lei quasi non me ne accorgevo.
Quando ero un bambino, godevo della fortuna di poter spaziare con lo sguardo, dal mio piano alto, e vedere i prati correre sino in lontananza. 
Davanti a casa, delle cave, rifugio di animali strani, come le salamandre, lucertole d'acqua che parevano essersi rotolare nella tempera nera e gialla. A volte pascoli di pecorelle. Con tutto il loro circondario di osservatori, l'asino, il cane, anche il pastore.
Amavo guardare giù, perchè non riuscivo ad alzare la testa e a osservare il cielo, perchè mi girava tutto, come in un ballo che non ho mai imparato, ed allora guardavo giù.
Per divertirmi, mi sedevo davanti alla ringhiera della finestra della cameretta, che la mia fantasia ridisegnava nel grigno di una sorta di grande mazinga, di cui ero, ovviamente, il pilota. E avanzavo, attento a non pestare le pecore. 
Poi col tempo ho realizzato che l'edificio che avevo davanti , oltre la strada, oltre un paio di prati, era un carcere. Con dentro ragazzi come me.
Poi è arrivata la metropolitana. Poi è arrivata la tangenziale. Poi è arrivato un altro palazzo. O forse prima.
Costruito laddove, ai tempi della nevicata che distrusse il palazzetto dello sport, io mi tuffavo nella neve come un delfino nel mare più bello. 
Non che adesso, li dove viaggiavo con la fantasia, sia tutto più brutto.
Non che adesso, li dove viaggiavo con la fantasia, si viva peggio. No. I fiori crescono ancora.
Solo, ha preso il sopravvento la realtà, anno dopo anno.  E non sono i cambiamenti intorno a me.
Sono cambiato io.
Per fortuna. 
Nn avrei trovato lavoro come pilota di robot giapponesi. E avrei letto sempre i soliti fumetti. Che palle. 
Meglio cosi.
Però, adesso che dove vivo, ogni tanto rivedo le pecore, mi sembra vedere ancora i ricci cascarmi davanti agli occhi e cercare le salamandre



(questo post, era marzo, 2011. Circa una settimana fa, una salamandra, l'ho rivista, per davvero, dopo anni....nel giardino condominiale...splendido)

sabato 17 dicembre 2011

Buongiorno

Aprire gli occhi a mezzogiorno, aprire le imposte ancora con la percezione di sé stessi involtinati nel letto, e scoprire cieli chiari, tinte azzurre, montagne e prati specchiarsi al sole, dopo una settimana di buio e nebbia, è come avere fatto un viaggio, percorso paesaggi di sensazioni. Bello, poi, viaggiare davvero, ma non occorrono voli complicati per arrivare a un profumo o a un sorriso, a una tazza di caffè in una piazza di sole


giovedì 15 dicembre 2011

Accontentarsi

La perfezione non esiste. E' un modello ideale di riferimento, al quale tendere, al quale avvicinare, in base ed in funzione al punto di vista ed alle propensioni di ciascuno.

Se la perfezione non esiste, non si può raggiungere, nè tantomeno la si può trovare. Trovare il lavoro perfetto.....preparare la torta pefertta.......essere uno zio perfetto. E cosi via.

Di conseguenza, insistere per raggiungere o trovare la perfezione, perchè altrimenti sarebbe "accontentarsi", probabilmente è un errore.

O almeno...è giusto tendere e avvicinare la perfezione, perchè significa gratificare sè stessi, gli altri, e la propria dignità. E' un errore pretendere di doverla raggiungere, per avere soddisfazione.

Implicazioni: la perfezione, se fosse, sarebbe, sempre nei gusti e nelle propensioni di ciascuno, attribuibile a una sola cosa/persona. La torta perfetta è solo cosi, non altrimenti. La moglie perfetta può essere solo cosi, non altrimenti. Il fisico perfetto può essere solo cosi.

Ammettere che la perfezione non esiste, significa ampliare il campo. Io un giorno riesco a preparare una torta non perfetta, ma eccezionale, cioè uno dei massimi livelli che io possa raggiungere. Ebbene, una torta parimenti eccezionale, probabilmente, riuscirei a prepararla anche in altri modi. Con altri ingredienti. Con altri tempi. Perchè ogni modalità va a tendere alla perfezione da una strada diversa, altrettanto intrigante e affascinante.
Anche la propria personale bellezza può seguire possibili diverse strade. Qualunque cosa. Ovviamente, si può sempre migliorare, e se possibile, si deve farlo, ma intanto ci si può rendere conto che qualcosa, pur non essendo perfetto, può essere il massimo per noi!

Tutto ciò potrebbe essere definito come "accontentarsi"? se si, non è poi un male.

Oltretutto, cercare di forzare il conseguente e naturale dispiegamento delle cose, dei tempi, dei pensieri, dei meccanismi, facendo cosi del male al nostro impegno, molto probabilmente rompe un delicato meccanismo che fa si che si perda anche quella imperfetta ma congenita e spontanea meraviglia di quanto abbiamo di eccellente.

Nella scelta del mio mutuo, ho voluto strafare, cercando una perfezione non ottenibile, non raggiungibile, e sorvolando su possibilità non perfette ma ottime per me. Ora ne pago dazio.

Ma l'insegnamento, sempre che sia corretto (beneficio del dubbio) potrebbe valere per tutto ciò che ci riseva la vita.

Ma è anche vero che, come dice Hobbes,

primum vivere, deinde philosophari

Ecco, io vorrei essere come Hobbes.....





martedì 13 dicembre 2011

L'Uscita

L'uscita, qualsiasi uscita, è il momento più importante della vita di un uomo.
Puoi sempre riscattare una cattiva entrata con una buona permanenza
Puoi sfondare la porta del prossimo e costruirgliene una blindata
Puoi iniziare con lo schiaffeggiare una donna e se sai rallentare la mano 
puoi improvvisare una carezza
Ma l'uscita, è la cosa più definitiva di te
non la puoi rimediare
neanche con un ritorno
( Andrea G.Pinketts )

lunedì 12 dicembre 2011

Is Your Love strong Enough?

La paura
del freddo del mare sui piedi a salire sui fianchi
la paura che allaga lo stomaco
la paura bellissima
che vibra note perdersi nell’aria e nel silenzio
dai colori del farsi notte che concede solo i confini delle cose
dall’aspetto del lampione immerso sotto l’acqua di un canale
scorrere lento il movimento di piccole ombre sulla superficie
dal sapore delle labbra umide del tuo sesso
li dove si sono arrestate
affondare il pensiero
( ed i sorrisi incantevoli e inconsapevoli pieni di respiro
delle persone perse nel tempo intorno)

domenica 11 dicembre 2011

3 ore

Ho trovato sul parabrezza una multa per sosta in località vietata causa pulizia della strada.
Curioso.
Poco prima ero parcheggiato a cazzo, non è accaduto nulla.
Beh, proprio Nulla no….
Ricordo di stelle cadenti di zucchero filato.
Forse, ma qualcosa stava volando, era certo.
Ricordo di occhi belli, un po’ miopi un po’ astigmatici.
Occhi che sappiano guardare
Mani che sappiano tenere
Occhi che vogliano imparare
Mani che sappiano temere
Facce gambe pance braccia.....

Non li venite a lavare, i pensieri, i ricordi?
Smettila di pensare, avvicinati un po’
Ricordo di emozioni indefinibili, di età mischiate e desideri confusi e ammazzati.
Miti in camicia a fiori e occhiali tondi, in festa di paese un poco spenta.
Ancora più meravigliosi, cosi.
Ma i pensieri premono dentro.
Un affannato e stupido percorso di dolore
Indaffarato a fare
A dire di fare

Fa male fa male fa male

Disturba i progetti rapisce la quiete
svela i conti in sospeso
accarezzati in sogno
in un tempo spezzato

Solo tu

In cosa mi multerete adesso, sentimenti contrari ai sensi di marcia?
Occultamento di emozioni stradali?
CD orario non esposto?


Cazzo, mi perdo sempre, non trovo mai la strada.
Copro spazi ottusi.

Aspetto la pioggia che scenda giù
A rigare le vetrine piene
Scorre via, scorre via, scorre via
A rendere il mio volto inutile

Ma intanto adesso….
Lasciami qui lasciami stare lasciami cosi
Non dire una parola


La strada…non hanno pulito niente….ma pagherò volentieri
Ne è valsa la pena


Solo
una formalità


( 28/06/2011 )

mercoledì 7 dicembre 2011

The Tree of Life

Non sono uso a scrivere di film.
Amo il cinema, il senso del racconto, diretto, che sa dare.
Lo amo da lontano, come ragazzo timido che pensa a quello sguardo e a quel sorriso da lontano, quale sono, in silenzio. 
Vedo, più o meno, tre film all'anno. 
Scelgo di scrivere di un film complesso, difficile. 
Con tre film all'anno, la scelta, evidentemente, è forzata.
Ma The Tree of Life merita questa attenzione. 
La trama: la trama non c'è, è volutamente assente. C'è una storia. 
Lo si intuisce, razionalmente. La si vive, totalmente, a livello emozionale. 
The Three of Life è un fluire di emozioni che parlano alle emozioni, saltando il piano della comprensione logica, impedendo la razionalizzazione di quanto passa davanti, dentro, i nostri occhi.
Non è affatto facile accettare una esperienza di questo tipo. E' pesante, priva almeno per me di possibilità di controllo, costringe ad introiettare i sentimenti non raccontati dei personaggi che appaiono sullo schermo. 
Non sempre sentimenti buoni, liberatori. Anzi. 
Per questi motivi, credo, sono uscito dal cinema con un senso di disimpegno, conforto, atteso quasi con ansia nell'ultima mezzora. E avendo capito, con un certo imbarazzo, poco o nulla, di quanto visto.
Mi sono dovuto informare, ex post. 
Amalgamare le informazioni trovate con l'impasto di sensazioni che continuavano a lavorare, rimuginare.
Emerge viva l'impressione di un film che attraverso (spero di utilizzare un termine corretto) un metalinguaggio che incorpora in sé i linguaggi della fotografia (davvero stupenda) delle immagini (sequenze capaci di creare viaggi di pensiero), del suono, del cinema, della violenza e dell'amore, detto e non detto, getta un seme. 
Riflessioni ancora più di pancia che di testa sulla reale dimensione della sfera dell'essere bambino, la sua densità viscerale, ripulita da ipocrisie. Sulle strada che prende ciascuno, dettata dal carattere, dalla predisposizione, dall'educazione, dal vissuto, dall'imitazione. Dalle paure
Sul caso che sfonda queste strade come e quando vuole, piegando il destino e riportando ciascuno nella dimensione di appartenenza, quella di parte infinitesimale del mondo, indipendentemente da qualsiasi vita si scelga di fare. 
Piegando il destino, ma senza spezzarlo, poiché tutto prosegue, va avanti, di necessità
Nel bene e nel male.
Un mattone devastante, come può essere un cinema che non è di svago, di fantasia che il nostro cervello sa elaborare e ricostruire, bensì di introiezione e di fatica. 
Ma di una consistenza e bellezza splendidi, e capace di regalare durante le due ore e mezza di proiezione momenti di viaggio e di respiro memorabili. Notevole la colonna sonora.
Brad Pitt capace di una prova monumentale. Sean Penn a mio dire un po' inconsistente. 
Da vedere al cinema, per godere della qualità delle immagini e per tenersi in serbo una liberatoria passeggiata e ripresa di contatto col mondo.
E per bersi un whisky, meglio se torbato.

lunedì 5 dicembre 2011

Tempi....

Correva l’anno….
Correva (?)
Da quando gli anni, il tempo, corrono?
E per andare dove?
Passeggiava, forse, l’anno. No, anzi...passava.
Fermo, immobile, giusto cambiare l’abito delle stagioni, ogni tanto.
A guardare. 
Me.
Passa, il tempo, non in quanto procede
Ma perché, quando io mi fermo, un attimo, a pensare, a condividere il suo sguardo…è già dietro le mie spalle
Passato, appunto.
E i miei ricordi? Quelli belli, che ho lasciato indietro
Gli amori, i sorrisi, le vittorie, quelle sofferte….
Gli errori, i rimorsi
Li conserva lui, il Tempo, passato.
Custode più attento e paziente di me.
Sa cosa fare delle mie emozioni, dei miei pensieri
Ben più di quanto io sappia cosa fare del mio tempo
E quando incrocio il suo sguardo, saggio, severo ma dolce, sa restituirmi ogni cosa bella che ha conservato, ancora più bella, perché, senza che lo avessi chiesto, senza dirmi nulla, ha tolto ogni sassolino poteva inquinarne la bellezza.
Tra le tante cose, mi riporta spesso l’eco di parole da balcone
Parole senza forme
O forse…
scalena

martedì 15 novembre 2011

Ombre

Il mancato rispetto
dell’impegno
dato
non solo a me stesso
che alcuna ombra
mai avrei permesso
al tuo sorriso


il mancato rispetto
perché l’ombra
è in me stesso

mi consuma
vuole uscire
a divorarmi, nuovamente

ed io acconsento
respira ancora